Sanità tra i fornelli

Ci sono alcuni popoli dove ancora oggi si sta molto attenti, in modo particolare, a chi cucina; allo stato di salute della persona che manipola, elabora e trasforma gli alimenti. Quest’attenzione è sempre stata presente in molte culture dell’antichità come in quella dei Celti, dei Cinesi, dei Tibetani e degli Incas, dove il cuoco di turno doveva godere d’ottima salute fisica e psicologica. Sapevano bene che era meglio mangiare il cibo preparato da una persona sana ed equilibrata anziché da una persona malata o in uno stato psicologico poco equilibrato (paura, rabbia, dolore, ansia, stress). La “cucina viva” (applicazione dell’Ontopsicologia alla cucina da parte di Antonio Meneghetti guru culinario) è un pensiero profondo, ma anche squisitamente razionale e pratico, si differenzia, tuttavia, da altre teorie che si occupano della nutrizione, perché è uno stile di vita che è parte integrante del normale vivere dell’uomo sano e riuscito. L’uomo vero vive in unisono con la natura: in contempo sa fruire ed essere fruitore, mentre in qualunque momento che decide entra in simbiosi con altre forme viventi, che metabolizza in senso costruttivo soprattutto come mente.