Ontopsicologia e omeopatia

C. Hahnemann, padre della moderna omeopatia, riprese il principio del “similia similibus curantur” (il simile si cura con il simile), applicandolo al fattore patogeno della malattia. Egli aveva osservato che la somministrazione di una sostanza terapeutica in un organismo sano produceva gli stessi sintomi che era in grado di curare negli organismi affetti da quella patologia. Iniziò così a preparare rimedi omeopatici – aventi cioè struttura simile al sintomo – per provocare esclusivamente la reazione delle cellule malsane, la cui struttura rispondeva per identità alla struttura essenziale del rimedio stesso.

L’approccio omeopatico, assieme a molti altri, è trattato nella monografia di Antonio Meneghetti “Manuale di melolistica”.

La melolistica è uno strumento diverso dalla omeopatia, a cominciare dal criterio che impiega nella fase di diagnosi-inervento. È l’In Sé ontico, il criterio di natura scoperto, isolato e definito da Meneghetti alla fine degli anni 1970.

Assieme alla idromusica solare e melodance, la melolistica fa parte degli strumenti psico-corporei dell’Ontopsicologia.

L’identità in ontopsicologia

Cosa ci viene in mente quando pensiamo alla parola identità?
Forse il primo pensiero va al nostro documento d’identità…che sia la carta, la patente o il passaporto poco importa, il punto è che è ciò che specifica chi siamo, che permette agli altri di riconoscerci e, allo stesso tempo, di poter associare alla nostra persona tutto ciò che ci appartiene.
Beh, questa è l’identità secondo la società e lo stato e senza la quale ci sentiremmo come dentro una commedia pirandelliana, come tanti novelli fu Mattia Pascal…ma quanti di noi sanno che c’è anche un’identità di natura?
Basta pensare alla biologia del nostro organismo: gli svariati miliardi di cellule di cui siamo composti nascono tutte quante indistintamente da un’unica cellula originaria. Dal suo moltiplicarsi, accade che ogni cellula si sviluppa secondo quella che è la propria identità, cioè si differenzia acquisendo una specifica funzione, per andare a rivestire un ruolo specifico nell’organismo: un neurone, una cellula cardiaca, una cellula del sangue e così via. È assolutamente sorprendente scoprire come ogni cellula, quando è ancora indifferenziata, segua una precisa “segnaletica” biologica, fatta di contatti e interazioni con specifiche cellule e molecole, che le permettono uno sviluppo e una “specializzazione” conforme a quello che sarà il ruolo finale che è chiamata a svolgere.
Quindi tutte le cellule rispondono alle leggi universali del funzionamento biologico, ma ogni cellula partecipa della sinfonia suonata dall’orchestra del nostro organismo con una precisa modalità: come un neurone comunica e interagisce con l’ambiente circostante è diverso da come lo fa un globulo rosso o una cellula della tiroide.
La natura quindi prevede una programmazione generale che poi si declina in ogni cellula in maniera specifica: quando tutto si svolge correttamente, cioè secondo l’ordine previsto e impartito dall’intelligenza di questo maestro d’orchestra che è la natura, secondo i suoi dettami e i ritmi da essa scanditi, l’individuo è sano e in salute.

la psicotea

La psicotea è una proiezione psico-ambientale costruita scenicamente e teatralmente all’unico scopo di precisare agli spettatori la linea di azione di un complesso ed operarne l’abreazione.

È la proposta, mediante una scena teatrale di circa un’ora, di come la psiche fa spettacolo, fenomenologia.

Ogni giorno noi facciamo teatro: la nostra coscienza è un teatro. Abbiamo due specchi di riflessione: quello della coscienza (quando pensiamo e facciamo razionalità) e quello dell’inconscio (il sogno). Il sogno è il teatro dell’inconscio. Ognuno di noi la notte va a teatro, ma non capisce la scena, il dramma. Noi stessi siamo il regista, il soggettista, il compositore, l’attore, la vittima, eppure non capiamo questo teatro.

Per logica intrinseca dell’inconscio e della selezione tematica dei complessi e degli stereotipi di fatto operante, tutta la tematica del teatro è costretta a rifarsi al copione del Super-Io, cioè alle condotte esterne che hanno deprivato qualunque uomo dall’allaccio immediato con l’interazione ontica.

La fenomenologia dei complessi e della patologia psichica è fissa, standardizzata, quindi comprensibile in ogni fase esistenziale (dunque teatrale) dell’individuo, ed addirittura prevedibile nelle sequenze successive. In termini teatrali i complessi sono “copioni” che gli uomini vivono credendo di esserne gli artefici ed essendone, invece, gli ignari attori-esecutori. Essi sono copioni tragici che concludono sempre con la sconfitta dell’uomo; il teatro ripropone questi stessi copioni fallimentari.

Nell’ottica ontopsicologica, invece, il teatro deve essere vivo, cioè deve rispecchiare la complessità e la dialettica di situazioni che tutti viviamo. Il teatro non deve essere solo lo specchio della vita. Può evidenziarsi un teatro che sappia rispecchiare la realtà dell’inconscio. Esso, indirettamente, deve indicare anche quale potrebbe essere l’alternativa e dare il protagonismo alla valenza dell’In Sé, anziché ai complessi e alla matrice riflessa

ontopsicologia e psicoanalisi

Ontopsicologia e psicoanalisi

“Ho molto rispetto per Freud, Jung, Rogers e tutta la psicologia contemporanea. Sono stati geniali ma alla fine lasciano l’uomo alle soglie d’una tana da cui non si sa se esce un mostro o c’è il caos. Io conosco soprattutto di là, dove è l’in sé operativo delle funzioni esistenziali.
Sotto le soglie fenomenologiche dell’io e super-io, si espone la solare positività dell’in sé dell’uomo. Solo il contatto con esso certifica le funzioni del reale e relativi valori eroici per l’individuo. È esso che fornisce il codice d’interpretazione per qualsiasi fenomenologia (…), è l’in sé che concede il ritrovamento del significante e del significato”
(A. Meneghetti, L’In Sé dell’uomo, Psicologica Editrice, 1981 Roma, pagg 5-6)

Sono sostanzialmente due i meriti della Psicoanalisi, a parte tutte le giuste intuizioni su aspetti particolari della psiche umana:
1) aver dimostrato che l’agire umano non è una mera datità – direbbe Edmund Husserl – ma un fenomeno che va decifrato, compreso e che la coscienza razionale è solo una parte dell’intero psichico umano;
2) aver dimostrato che l’uomo, con i suoi mezzi umani, può costuìruire una scienza dell’uomo.

La Psicoanalisi, quindi, è il primo tentativo di indagare il profondo dell’uomo senza fare alcun riferimento a una realtà in qualche modo trascendente, perciò ha tutti i meriti in questo pionierismo.
Dopo la Psicoanalisi molti altri approcci sono nati, integrandone alcune volte anche le carenze, proponendo nuovi sviluppi o ottiche di indagine che fornissero risposte più soddisfacenti ai problemi che ancora restavano e restano aperti.
In questo percorso si colloca anche l’Ontopsicologia che, attraverso il suo fondatore, Antonio Meneghetti, ha messo ha punto un preciso codice di lettura della fenomenologia psicologica umana: dal sogno al sintomo di qualunque tipo, dalla fantasia all’arte e alla creatività, dall’individuo al sociale, l’intero dell’agire umano, cosciente ma soprattutto inconscio, è perfettamente leggibile e comprensibile nella sua causalità ed effettualità. Meneghetti ha delineato l’epistemicità specifica della psicologia, che solo a condizione di essere fondata in maniera certa e di avere una sua epistemologia e metodologia può definirsi scienza.
La validità dell’impostazione di analisi e di metodologia d’intervento dell’Ontopsicologia è confermata dalla rapida sparizione del sintomo quando c’è il concreto e reale permesso di agire da parte del paziente.

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Scopriamo l’Ontopsicologia e Antonio Meneghetti

L’Ontopsicologia nasce e si formalizza in modo teoretico nel 1971 con un testo di Antonio Meneghetti intitolato “Ontopsicologia dell’Uomo”. Questo movimento scientifico si motiva e si sviluppa essenzialmente dall’esperienza della crisi dei valori umanistici e soprattutto sull’intuizione che l’esistenza ha un suo fondamento.

In trenta anni di attività clinica, didattica e soprattutto dimostrativa esercitata in Europa, in Cina e nelle Americhe, si sono realizzati oltre sedici congressi internazionali, di cui uno mondiale; sono stati scritti oltre quarantacinque testi in italiano poi tradotti in russo, inglese, portoghese, tedesco, francese, spagnolo e cinese; si sono stabiliti protocolli d’intesa con molte università nel mondo e si sono aperte cattedre di specializzazione post-lauream presso accreditate università di stato, con lo scopo di formare e formalizzare operatori specializzati in Ontopsicologia nel mondo.

L’Ontopsicologia in questi anni ha ottenuto una grande attenzione da parte di molti operatori, soprattutto quando questo metodo viene applicato in psicoterapia alla psicosomatica con la sparizione del sintomo stesso. Ma la soluzione psicoterapica applicata al sintomo per l’Ontopsicologia è solo strumentale, infatti lo scopo della scienza è la formazione del leader, inteso come intuizione attiva di soluzioni per il collettivo.

Con questi presupposti si sono aperte quindi applicazioni sull’arte, sulla politica, sull’economia con tempi e metodologie di studio rapide e incisive che consentono al leader operativo un completo distacco dalla coscienza memetica (o cultura stereotipa), sino al raggiungimento di una coscienza ontica, intesa come conoscenza ontologica della cultura viva della vita.

In questi trent’anni, molti sono stati i collegamenti, i progetti e i rapporti con le pubbliche istituzioni, ma molto di più sono stati gli avanzamenti di nuove menti operative che hanno oggi l’orgoglio di vivere in questo mondo e di amarlo con capacità responsabile. Oggi, l’Ontopsicologia è considerata soprattutto come mezzo termine di sapere interdisciplinare, in quanto il suo destinatario è il leader operatore del contesto globale, dalla ricerca epistemica alla visione “internettiana”.

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